
Dai primissimi giorni dell’emergenza Covid19 il collettivo di scrittori Wu Ming ha iniziato a compilare su Giap un diario/cronaca degli eventi.
La prima puntata, Diario virale #1 (22-25 febbraio 2020), è stata accusata da alcuni di «negazionismo epidemiologico», in molti casi per l’ostinazione a commentare cose che non si sono lette, in altri per quel impulso narcisistico che spinge ad avere *sempre* un’opinione pronta *su tutto*. Tendenze aggravate dall’uso inconsapevole dei social network, da cui nascono situazioni che possono essere surreali o tragicomiche, ma che di questi tempi rischiano di fare danni gravi. La questione è tra le tante spiegate in maniera impeccabile e priva di ambiguità, fin dal titolo, nella terza puntata del diario.
I Wu Ming con questa serie hanno intrapreso un lavoro che è cronaca, è narrazione, ma soprattutto è conservazione della memoria degli eventi per quando servirà averne molta. I diari, ordinati cronologicamente, scanditi dal ritmo di eventi tangenti all’evolvere dell’emergenza Covid19 – nel caso della puntata #3 il punto di osservazione è la più grande rivolta nelle carceri italiane della storia – e ricchi di rimandi ad altre fonti, forniscono nell’immediato informazioni e chiarimenti di carattere generale e politico che, in questo momento, possono essere essenziali per tutte e tutti. Soprattutto però saranno utili quando questa emergenza sarà terminata (o darà tregua), in quel «dopo» che, presto o tardi che sia, arriverà domani, anzi, è già oggi, e che dobbiamo considerare il vero fulcro di questa vicenda. Perché sarà là che si misurerà la capacità di una collettività – che guarda caso non è nazionale né europea, ma globale – di fare i conti con le reali possibilità di sopravvivenza della specie, in relazione non a singoli eventi più o meno catastrofici, ma alla sostenibilità ed efficacia dei sistemi sociali, politici ed economici in cui viviamo.

Riguardo a questi ultimi, è chiaro che questa vicenda ne sta mettendo a nudo quasi in real time le contraddizioni accumulate perlomeno negli ultimi cento anni. Non per questo essa segna un inevitabile cambiamento: né il capitalismo è destinato a collassare per conto proprio, né tanto meno per l’umanità si spalancheranno come per incanto le «porte della percezione» verso uno stadio evolutivo superiore. Analogamente non è provato né certo che stiamo sprofondando in un baratro di barbarie e disumanità, nel quale conta solo la sopravvivenza individuale. Tutte queste visioni, segnate di volta in volta da cinismo, manicheismo, spiritualismo o scoramento fatalista, ma in ultima analisi soprattutto da disinformazione e calcolo politico, devono una buona volta finire ammassate nello stesso immondo contenitore di spazzatura non riciclabile. A esse dobbiamo essere capaci di contrapporre nei nostri comportamenti individuali il massimo di empatia per i nostri simili umani e nervi saldi nel farci – e quindi nell’esprimere – un’opinione.
Questo ci invitano a fare questi diari, e lo stesso vale per altre analisi e ricerche che stanno circolando. Tra queste mi pare importante segnalare qui anche l’articolo su Euronomade di Gianni Cavallini – già direttore del Dipartimento di prevenzione dell’AAS 2 della Bassa friulana – che, a pochissimi giorni dall’inizio della diffusione del virus in Italia, segnalava l’impossibile tenuta di un sistema sanitario depredato da anni di compatibilità di bilancio e cessioni di «sovranità» ai privati, ma soprattutto l’urgenza di recuperare al più presto il ruolo di coesione e benessere sociale di quel sistema. Ecco, comportarsi degnamente e con intelligenza, senza farsi calpestare né fregare, e quindi studiare, informarsi, approfondire, farsi un’idea basata su dati concreti e reali sono i primi passi fondamentali che tutte e tutti siamo tenuti a fare, ora, perché quel sistema siamo anche noi. Gli appelli al buon senso sono ormai esauriti, o meglio, sono inefficaci – e soprattutto ipocriti – se non sono accompagnati dall’effettiva possibilità di comprendere quale possa essere la linea di demarcazione tra comportamenti virtuosi e incoscienti.